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Antonio Banderas parla del suo Gatto con gli Stivali, il personaggio animato che ha doppiato in inglese, italiano e spagnolo
Antonio Banderas non è solo uno tra i tanti attori ad aver avuto la possibilità di doppiare a un personaggio dei cartoni animati: infatti, grazie al successo della saga della Dreamworks dedicata all’orco Shrek, ha prestato la voce e il fascino latino a uno dei felini più famosi del cinema, Il Gatto con gli Stivali, nella prima pellicola a lui dedicata dopo il ruolo da comprimario in ben tre dei quattro capitoli (due dei quali arricchiti proprio dalla partecipazione del bell’Antonio anche nella versione italiana). L’attore spagnolo ha rilasciato un’intervista nella quale rivela alcuni interessanti e divertenti retroscena sulla sua realizzazione.
«All’inizio, Gatto era un personaggio secondario. Non sapevo che avrebbe avuto una carriera così lunga, che dura ormai da dieci anni. La storia di Gatto è legata alla nostra scelta originaria, ovvero di dargli una voce che va in direzione totalmente opposta rispetto alle sue fattezze. Gatto non dovrebbe parlare in quel modo; non parla neppure come me. Ho creato una voce apposta per lui, più profonda e più intensa. Questo contrasto è il fulcro della comicità, perché non ci si aspetterebbe che Gatto parli in questo modo. Ho chiesto al nostro regista, Chris Miller, di poter lavorare insieme. Dunque abbiamo avuto un primo incontro, e la maggior parte del materiale che abbiamo elaborato insieme è finito nel film; abbiamo un po’ improvvisato, facendo quello che desideravamo».
Accettata la sfida del doppiaggio in ben tre lingue, Antonio Banderas ha voluto ripercorrere con la memoria le tappe iniziali della sua carriera quando un inglese fluente era solo un sogno lontano. Un problema che all’epoca sembrava insormontabile ma che, dopo anni, è stato totalmente lasciato da parte: infatti, basta ascoltare qualche minuto dello spin-off dei quattro capitoli dedicati all’orco verde per toccare con mano le capacità e il divertimento dell’attore durante le fasi di registrazione delle voci: «Ho iniziato a lavorare in America senza nemmeno parlare la lingua, perciò il fatto che mi abbiano chiamato per usare la mia voce è davvero un paradosso. Quando sono arrivato in America mi sono detto: «Se c’è una cosa che non potrò mai fare è un film d’animazione». E adesso eccomi qui! Mi sono divertito un sacco. Ho saputo che avrebbe funzionato quando, durante il doppiaggio, ho visto i tecnici e il regista che ridevano. Abbiamo rovinato un sacco di registrazioni a causa delle nostre risate: è quasi imbarazzante da dire, ma è davvero divertente. Hai di fronte una macchina per registrare le voci, e se vuoi tirare fuori qualsiasi cosa ti passi per la mente hai la possibilità di farlo. Sono come i tasselli di un puzzle. Poi, questi fantastici tecnici che si occupano dell’aspetto creativo del film usano il tuo lavoro e lo mettono insieme in maniera incredibile. Ci si diverte tantissimo, credetemi!»
Sguardo penetrante, voce calda e profonda e lineamenti da maschio latino: sembrava abbastanza per relegare la sua presenza in ruoli da villain come, purtroppo, spesso accade nel mondo del cinema. Capacità, forza di volontà e una giusta dose d’ironia hanno fortunatamente aiutato Antonio a lasciarsi alle spalle una pesante e limitante immagine cinematografica in favore di ruoli complessi, dal comico al drammatico, senza per questo voler a tutti i costi nascondere le radici alle quali è profondamente legato: «Quando sono arrivato per la prima volta in America, 21 anni fa, per girare “I re del mambo”, qualcuno sul set mi disse: “Se rimarrai qui, interpreterai sempre il cattivo”. In questi 21 anni, invece, è cambiato tutto. Ci sono state diverse generazioni di latino-americani che sono arrivati qui in America, provenienti da paesi con situazioni politiche o sociali molto difficili, e hanno lavorato duro per poter mandare i loro figli all’università. Questi ragazzi sono cresciuti e ora fanno i medici e gli architetti, o sono nella Corte Suprema. Questo ha avuto un riflesso su Hollywood: dunque, ora siamo molto orgogliosi che i nostri personaggi siano latini, e penso che sia positivo per la diversità e l’integrazione culturale. Questo film verrà visto da molti bambini, e loro vedranno gli eroi del film che parlano con un forte accento ispanico, e questa è un’ottima cosa».
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